Mindful Eating: trasformiamo il cibo in un alleato nei momenti di bisogno

Prima di guarire qualcuno, chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare”. (Ippocrate).

Se dovessi traslare questa frase al mio mondo lavorativo la riporrei in questo modo: “prima di aiutare una donna (che ha partorito da più o meno tempo) – che si è rivolta a me per rivedersi nella sua forma migliore – chiedile se è disposta a rinunciare alle abitudini che l’hanno condotta al senso di insoddisfazione che prova davanti allo specchio”.

Cibo alleato

Le abitudini, in generale, sono comode perché riducono la complessità e liberano spazio nella memoria. E di abitudini ne abbiamo praticamente in ogni ambito, alcune buone altre cattive. Quelle buone sono faticose da attuare e facilissime da perdere. Al contrario quelle cattive si insinuano facilmente, ma poi sono tiranniche perché difficilissime da cambiare. Sono quest’ultime che generano il caos nel nostro corpo che lo riflette con segnali diversi tra loro: inestetismi, infiammazioni e sintomatologie varie.

Cibo: un’abitudine difficile da mettere in discussione

Dopo 9 anni di lavoro al servizio delle donne posso affermare con assoluta certezza che posso aiutare a recuperare buone abitudini in tutti i campi a eccezione di un’area che, se fuori controllo, può incasinare davvero tutto. Quella del cibo è l’abitudine che le persone non sono sinceramente disposte a mettere in discussione al 100%. Non mi riferisco al cibo come una ricetta che è il linguaggio di un contesto fatto di socializzazione e amicizia e quindi il tempo, il luogo, le persone con cui lo condividiamo. Penso piuttosto alle trappole comportamentali, frutto di tradizioni culturali, o ai comportamenti disfunzionali che si hanno con il cibo industriale che crea assuefazione, inganna i nostri sensi e altera le percezioni fino a far sembrare insipido il cibo vero.

Cibo alleato

Lo zucchero e le trappole comportamentali

Il re indiscusso di questo reame è lo zucchero, che, insieme agli additivi e ai coloranti, crea smania compulsiva.

Ogni volta che lo assumiamo il cervello rilascia dopamina, un neurotrasmettitore che crea una sensazione di piacere e gratificazione che inconsciamente andiamo a ricercare continuamente. È esattamente quello per cui sono progettati i junk food (i cibi spazzatura ultraprocessati come gelati, biscotti, bibite e cereali zuccherati) di cui vanno ghiotti i ragazzini e a cui noi donne cediamo sotto l’impeto di una fame nervosa che si attiva quando siamo sotto stress, in ansia o emotivamente giù e che ci fanno entrare in un circolo vizioso senza fine.

Ci abbuffiamo, proviamo un senso di colpa. Ci mettiamo a stecchetto per recuperare e così facendo, oltre a incasinare il metabolismo che poi non risponde anche agli stimoli combinati, rendiamo il cibo un pensiero fisso e ossessivo.

Mindful Eating: l’autoconsapevolezza che ci permette di rendere il cibo un alleato innocuo

All’ultima conferenza a cui ho partecipato, ho ascoltato un relatore che spiegava come gestire l’ondata emotiva che ci travolge e passare da quello che gli esperti chiamano “Binge Eating” al “Mindful Eating”, ovvero all’autoconsapevolezza che permette di addestrarci alla pianificazione del piacere e rendere il cibo un alleato innocuo.

Perché il piacere che ci dà il cibo si può costruire, si può pianificare nei minimi dettagli prendendosi il tempo di viverselo con i tutti i sensi.

La sensorialità permette di percepire la qualità che contrasta la quantità che va a braccetto con la compulsività.

Pochi giorni dopo la conferenza ho avuto la prova provata delle sue parole durante l’ultima cooking class che ho organizzato lo scorso 19 febbraio per le vincitrici di un contest natalizio legato al ritrovamento di uno speciale biglietto d’oro (“La fabbrica di cioccolato” docet).

Cibo alleatoUna cooking class come progetto di ri-educazione alimentare

Se mi segui da un po’ sai che la cooking class è il mio progetto di “educazione alimentare” dedicato alle donne dell’incipit, ovvero a coloro che abbracciando il mio metodo, sono disposte a rivedere e modificare le abitudini che le hanno condotte al senso di insoddisfazione che provano davanti allo specchio.

In maniera attiva, attraverso la pratica e il divertimento scardiniamo tanti preconcetti e ogni partecipante si porta a casa un bagaglio di informazioni e di ricette della salute e del gusto (che nulla hanno a che vedere con regimi restrittivi), che ci permettono di lavorare meglio e di realizzare risultati veri e stabili.

Ebbene, abbiamo passato una serata intera a preparare solo dolci, seguite passo passo dalla Chef che ha condiviso con noi trucchi e suggerimenti per trasformare materie prime semplici e di qualità, in gustose “ciambelle di salvataggio” (scusate il gioco di parole) che possono venirci in soccorso quando siamo assalite dalla fame nervosa.

Siamo state brave che “Iginio Massari spostate proprio” a preparare dolci al cioccolato, cake con la glassa e bavaresi con frutta secca, facendo proprio quello che suggerisce lo specialista, ovvero progettare il piacere per essere pronte a gestire la situazione in cui desideriamo gratificarci, senza per questo intaccare il grande lavoro che ha portato alla nostra salute e al nostro benessere!

Resta immutato il precetto che ogni situazione è unica e che ci sono le figure di riferimento a cui lascio le questioni su calorie, quantità e abbinamenti dei diversi tipi di alimenti.

Ma sarebbe sciocco negare che ci prendono momenti in cui abbiamo bisogno di gratificarci e sentirci meglio (qui qualche suggerimento per non sgarrare troppo sotto le feste). Tanto vale avere gli strumenti per creare un piacere che non danneggia ma che anzi interrompe il flusso emotivo che scatena quelle situazioni.

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