Papà Giordano, barman per scelta e padre per fortuna, ci racconta come i papà vedono le mamme durante la maternità
La settimana scorsa è venuto il marito di una nostra cliente che ha partorito 3 mesi fa.
Stanco per le notti in banco e i ritmi stravolti, dispiaciuto perché la sua compagna è carica di quella fatica fisica e mentale che comporta la cura di un neonato.
“Voglio per lei un momento in cui si rilassa e non pensa a niente! il tuo miglior trattamento! ma non le scrivete come fate sempre per ricordare l’appuntamento. Dì a me giorno e orario e le faccio una sorpresa!”
Con i lucciconi agli occhi gli ho detto:
“non sottovalutare quello che hai appena detto e fatto. Sei veramente un bravo compagno perché tu VEDI LA TUA DONNA, vedi quello che sta affrontando e hai saputo interpretare un suo modo di chiedere un TIME OUT” .
E abbiamo fatto in modo che fosse un momento straordinario.
Ora noi donne spesso ci lamentiamo che i nostri uomini sono distratti, superficiali e poco attenti a noi… ma siamo davvero sicure che sia cosi??
Ci siamo mai chieste come loro, i papà, vedono davvero noi mamme? Con quante millemila paturnie li travolgiamo e quanti “test” subiscono?
Questo è il racconto di papà Giordano, un blogger a cui ho fatto proprio questa domanda! Le sue esilaranti risposte sottendono un punto di vista che forse poche volte abbiamo considerato e chissà… magari è comune a tanti uomini, compagni, mariti, papà.
“Avete presente un’auto ibrida?
Accanto al classico motore a benzina ne ha uno elettrico, a batteria. Entrambi hanno il compito di spingere la macchina: a volte l’uno, a volte l’altro, a volte lavorando insieme, in sinergia. Non ci sono prese di ricarica esterne, essendo un sistema chiuso e controllato da una centralina che gestisce automaticamente i due motori, recuperando tutta l’energia possibile dalle frenate per ricaricare le pile.
E’ così che immagino l’essere una donna e una mamma allo stesso tempo, ma senza la centralina, la frenata assistita, il cambio automatico e con l’aria condizionata rotta.
Come se non bastasse, considerate che auto ibride non si nasce, si diventa, e trasformarsi da macchina sportiva in utilitaria (dopo aver passato nove mesi a fare il furgoncino dei trasporti) può essere destabilizzante, anche per noi mariti/compagni/padri/piloti, che dobbiamo cambiare in fretta il nostro stile di guida, se vogliamo goderci ancora il viaggio.
Perché le improvvise accelerazioni, le sterzate aggressive, quell’approccio sportivo e grintoso di “prima”, non funzioneranno più: tanto vale rinunciare a un po’ di adrenalina e godersi momentaneamente il panorama, fiduciosi che tornerà il momento di abbassare la capote e sentire di nuovo il vento nei capelli (o quello che ne rimane).
A guardare il panorama poi, si scoprono un sacco di cose, e la scoperta più consistente che ho fatto durante la nostra gravidanza è che la grande bellezza non ha niente a che vedere con Sorrentino.
La grande Bellezza è l’istinto materno.
Ero preparato a mesi da incubo e alle peggiori evenienze: avevo congelato tutta la frutta possibile in previsione delle voglie di novembre, abbattuto qualunque barriera architettonica, imparato a sintetizzare analgesici in casa e rimesso la suoneria al cellulare (non sapevo neppure che esistessero, le suonerie…). Sapevo che in quei nove mesi dovevo essere io la “centralina” con il compito di gestire la donna e la mamma, e di ricaricare le batterie quando possibile.
Quello che però temevo come la peste era il momento in cui lei, le mani sul pancione, in vestaglia e ciabatte, coi capelli arruffati, avrebbe pronunciato la fatidica frase.
“Sono diventata una balena, vero?”
In 15 anni Le avrò detto un migliaio di volte “Stai benissimo”, e non mi ha mai creduto, nemmeno all’altare, dopo sei ore di parrucchiere, due di trucco, nel pieno della forma e col vestito più bello di sempre… Come avrei fatto ad essere convincente in quella circostanza?
La cosa buffa è che alla fine non ne ho avuto bisogno, perché ho passato nove mesi a guardare con ammirazione e invidia una macchina naturalmente progettata per essere madre, in meravigliosa sintonia fin da subito con il figlio.
Non riuscivo a credere che per lei fosse tutto così spontaneo, che riuscisse a cogliere e interpretare alla lettera ogni più piccolo movimento, o battito. Dopo il parto questa magica intesa è stata ancora più forte ed evidente quando i vagiti apparivano tutti identici e ugualmente incomprensibili, tranne per lei che riusciva agevolmente a distinguere quello della “fame” (ngheee) da quello del “sonno” (nnnghè).
Ero talmente affascinato da questi superpoteri che la pancia, la sua diversa forma fisica, le nostre facce stanche, le ho vissute come espressione dell’armonia complessiva, un’equazione gestaltica dove il risultato è stato più della somma delle parti, e vi assicuro che la somma delle parti, già di per se, era un bel po’ di roba.
Noi papà non abbiamo nulla del genere, nessuna abilità innata, niente che sappiamo fare così bene senza averci mai provato prima, e nel maldestro tentativo di comprendere questa stregoneria, di andare più a fondo nel mistero, ho fatto quello che un uomo non dovrebbe mai fare: iscriversi sotto mentite spoglie in un forum di pancine per chiedere consigli.
Come potrete immaginare, l’impresa è fallita miseramente, ma ho imparato un sacco di cose sul babywearing! “